Salviamo la pavimentazione storica di Bologna


Tra la fine dell' Ottocento e i primi decenni del '900, nelle principali vie e piazze del centro di Bologna venne realizzata una splendida pavimentazione in blocchi di granito grigio, e rosso in alcune zone. in sostituzione di quella più antica in acciottolato con corsie di pietra, anche in rapporto ai vasti interventi urbanistici degli ultimi decenni dell'800, conclusi con l'allargamento di via Rizzoli (fine anni '20).

E' straordinaria l'importanza storico architettonica ed ambientale di tale pavimentazione, sia per il valore intrinseco del nobile materiale, sia per la valorizzazione delle vedute prospettiche di strade e di edifici e monumentali. Ma anche - aspetto meno frequentemente rilevato - quale testimonianza di un sapientissimo magistero artigianale oggi in gran parte perduto, che si esprime non solo nel vivace aspetto delle superfici lavorate a mano e nel perfetto apparecchio dei blocchi di pietra con giunti sottilissimi, ma anche nelle soluzioni particolari costituite da pezzi “speciali” di pietra di diverse dimensioni e forme ingegnosamente giustapposti, in corrispondenza degli incroci tra strade principali e secondarie; soluzioni che conferiscono un vero e proprio “valore aggiunto” alla qualità degli spazi stradali, che andrebbe interamente perduto in qualsiasi intervento che non fosse di rigorosa conservazione.

Aggiungasi che l'intervento otto-novecentesco non si limita alla pavimentazione delle principali vie e piazze, ma si inquadra in un più generale e organico progetto, delimitando le altre aree stradali del centro – su cui si pensava forse di intervenire in seguito, pavimentate in seguito con porfido o con asfalto - con una o più file di lastre rettangolari di maggiori dimensioni, che costituiscono in molte casi anche una sorta di elegante “basamento” di edifici monumentali, e al tempo stesso delineano chiari e comodi percorsi pedonali, come quello che iniziando da via Porta Nuova scandisce tutta la via IV Novembre lambendo la chiesa di San Salvatore, il palazzo della Prefettura e piazza Galileo.

A partire dalla metà degli anni '80 in molte strade del centro incluse alcune radiali, al fine di renderle più resistenti alle sollecitazioni degli automezzi, venne inserito uno spesso strato di calcestruzzo armato sotto la pavimentazione, sostituendo all'originale apparecchio “a spina di pesce” delle lastre una incongrua disposizione “a pettine”: intervento inefficace sul piano funzionale oltre che estetico, come denotano le discontinuità e il progressivo affossamento dei basoli continuamente sollecitati dai pesantissimi autobus doppi, e la conseguente chiusura dei giunti con bitume e pietrisco in larghe e irregolari chiazze fino a coprire parte delle superfici. Dal 2009 per motivi finanziari e di urgenza si è effettuata addirittura l'asportazione dei blocchi di pietra nelle zone più deformate, colmando poi le buche con asfalto (via Barberia, Strada Maggiore, via Rizzoli). Da anni poi è in atto la copertura indiscriminata con manto di asfalto delle pavimentazioni in pietra di importanti strade (Ugo Bassi, Sant'Isaia, Lame); mentre tutt'altro che soddisfacenti appaiono i rifacimenti delle pavimentazioni di alcune strade centrali come via Farini, dove anche le nuove lastre di pietra lavorate meccanicamente, nelle zone più sollecitate sono finite presto semicoperte dal bitume debordante dai giunti.

Alla base di tutto questo, a parte motivi tecnici e finanziari, v'è la scarsa sensibilità e attenzione verso il patrimonio architettonico ed urbanistico da parte dell'Amministrazione comunale, che da oltre vent'anni si è limitata a provvedimenti di pura emergenza dettate dalle predominanti esigenze del traffico pubblico e privato, senza affrontare il problema di fondo di un diverso e più duttile modello di mobilità cittadina, che prevedesse l'alleggerimento e ove possibile l'eliminazione del traffico nelle vie del centro quale primario mezzo di salvaguardia dell'aspetto della città e delle stesse pavimentazioni storiche, tutelate dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

Nell'ambito del progetto relativo al percorso del Civis e per quanto è stato possibile rilevare dalle documentazioni acquisite presso la Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna, nelle vie Rizzoli e Ugo Bassi è previsto il ripristino delle lastre di granito grigio con il reimpiego “ove possibile” di quelle preesistenti, ma disposte in modo uniforme, perpendicolarmente agli assi stradali. Ciò comporterebbe per via Rizzoli la scomparsa dell'attuale ingegnosa soluzione a tre corsie, di cui quella centrale con filari di lastre perpendicolari all'asse strada e le due laterali con filari inclinati a 45 gradi, nonchè l'eliminazione di quelle “soluzioni particolari” formate dalla convergenza di filari obliqui con pezzi speciali di pietra, trapezoidali e pentagonali, come quelle negli incroci con via Degli Artieri, via Calzolerie e via Oleari. Inoltre, verrebbe fortemente ridimensionata la pavimentazione di granito rosa di Baveno nel tratto ovest di via Rizzoli e in piazza Re Enzo, quasi per una sorta di purismo stilistico a favore del granito grigio, negando il significato dell'unica testimonianza dell'intervento di età carducciana, saggiamente rispettata nei lavori del 1960 per il sottopassaggio.

In definitiva, negli ultimi venticinque anni v'è stata la distruzione o totale alterazione della preziosa pavimentazione in pietra di inizio '900, degna di essere considerata e tutelata alla stregua delle facciate dell'architettura storica e presente ormai solo in piazza Maggiore e in poche altre vie del centro.
Di qui l'assoluta necessità del massimo impegno da parte di tutti i soggetti interessati perchè ogni futuro intervento sulle pavimentazioni lapidee originali rimaste sia eseguito con criteri di vero e proprio restauro, prevedendo in particolare il rispetto del disegno tradizionale e il reimpiego dei materiali esistenti.


Germana Aprato

Già sovrintendente in varie importanti città d'Italia, Germana Aprato è ora consigliere nel Direttivo di Italia Nostra Bologna, dove ricopre anche la carica di vicepresidente